Maestro Mariotti conducted Verdi's “Aida” at Teatro dell’Opera di Roma
«Dalla buca Michele Mariotti la storia la racconta in diretta. È sempre più sicuro, maturo, interprete vero. E nelle pieghe di una partitura traboccante d’invenzione, sa scavare. Il discorso procede fluido, duttile, ricco d’ accenti e colori, mai rigido. (…) Una lettura di livello, anche perché ottiene il meglio da coro e orchestra.»
Corriere della Sera, Enrico Girardi
«Splendida direzione di Mariotti e buon cast. Livermore questa volta sorprende con una regia semplice e intimista, quasi. Solo dopo essere uscito dal teatro ho letto nel programma di sala l’intervista in cui Michele Mariotti definisce l’Aida “un pozzo di meraviglie”: è esattamente il titolo che cercavo per quest’esecuzione. Mariotti ha messo in rilievo tutte le meraviglie di quest’opera straordinaria per la raffinatezza dell’orchestrazione e la modernità delle armonie. Si è avuta così la sorpresa di scoprire nuove meraviglie in un’opera che si credeva di conoscere a menadito. Non si contano i dettagli che Mariotti ha portato alla luce o messo in una luce nuova, ma è impossibile ricordarli qui tutti: a titolo d’esempio si possono citare ora un passaggio acidulo dei violini, ora un altro cupo e violento dei contrabbassi. Questa cura per i dettagli sembrerebbe andare in direzione di un’interpretazione intimista e in effetti così è stato. Ma Mariotti non ha affatto messo la sordina a quelle pagine che anche in esecuzioni firmate da grandi direttori sfiorano spesso il kitsch, come “Gloria all’Egitto”, anzi gli ha impresso tempi ancor più veloci e dinamiche ancor più estreme e perfino violente, rivelando come non siano affatto tronfie ed esteriori e come la loro grandiosità metta in maggior risalto la solitudine dei protagonisti e il loro dramma. Insomma Mariotti non si è limitato a sciorinare le meraviglie dell’Aida ma ha unito in una complessa costruzione drammatica e musicale i momenti intimi e i grandiosi, i delicati e i possenti, rivelando tutta la profondità di questo capolavoro della piena maturità di Verdi. Ha avuto dall’orchestra e dal coro una collaborazione entusiasta (ho captato al volo alcuni commenti in tal senso di alcuni membri di entrambe le compagini del Teatro dell’Opera).»
giornaledellamusica.it, Mauto Mariani
«Assai interessante è parsa la direzione di Michele Mariotti per la chiarezza della concertazione, la ricca tavolozza timbrica e la cura del particolare che a tratti però potrebbe sconfinare nel calligrafismo e nell’autocompiacimento e produrre una sorta di frammentarietà. L’agogica infine molto varia e personale, oltre a destare indubbio e rinnovato interesse rischia qualche volta, forse per felice e benvenuta ispirazione estemporanea, di cogliere di sorpresa le masse in scena.»
gbopera.it, Francesco Giudiceandrea
«Il grande cuore di questa Aida romana batte però a tutta forza e con sensibilità davvero speciale grazie alle compagini artistiche di casa e, naturalmente, in virtù del lavoro realmente eccelso messo a segno dai relativi vertici musicali. Per il neonominato direttore dell’Orchestra dell’Opera di Roma, Michele Mariotti, già particolarmente apprezzato sul podio dell’Aida in piazza del Plebiscito a Napoli nell’estate 2020 ma in forma di concerto e per giunta en plein air, oltre il precedente in allestimento scenico ma in streaming e senza pubblico in piena clausura pandemica, era di fatto la prima esecuzione del titolo in teatro con sala piena in presenza. Ulteriormente confermando quanto già riconosciuto due anni e mezzo fa, il suo è un ultimo Verdi restituito a briglie drammatiche tese nella consapevolezza della modernità delle soluzioni formali e attraverso la mirabile cura sonora di ogni introspezione espressiva. Il suo gesto rigoroso e vigoroso al contempo colpisce naturalmente per la forza con cui rende avvincenti le dinamiche sfogate a piena orchestra, per le plasticissime marcature degli accenti teatrali, per lo scatto dei ritmi puntati. Ma, ancor di più, si rivela prezioso nella ricerca degli equilibri impressionanti fra i piani sonori e le diverse voci, nel calibrare l’intera gamma dei vari gradi di “piano”, nelle sfaccettature molteplici di un’agogica costruita con arte e intelligenza fra i preziosi rubati, le trasparenze dolcissime, le opulenze e opalescenze di suono. Mai cedendo tra l’altro agli eccessi trionfalistici (impeccabili le sei trombe egizie in scena) e finanche cercando una salda linea d’intesa con l’aggiornata rilettura visiva dell’allestimento di Livermore. Ne risultano pertanto quadri diversi quanto di pari efficacia come il Preludio d’apertura, di delicatissima tempra meditativa, la grande scena della consacrazione (Immenso Fthà) dalle flessuose linee arabescate, l’attenzione alla peculiarità di tratto nello stile e suono dei vari ruoli, il grande arco drammatico che lega terzo e quarto atto.»
connessiallopera.it, Paola De Simone
«Il 31 gennaio ha debuttato a Roma una nuova produzione di «Aida» che incorpora le intuizioni verdiano, grazie soprattutto a Mariotti (…) la parte musicale dello spettacolo visto e ascoltato incorpora le intuizioni verdiane, grazie soprattutto alla maestria del direttore d’orchestra, Michele Mariotti, il quale ha approfondito gli aspetti più innovativi di una partitura che può essere considerata l’opera più wagneriana di Verdi: il leitmotiv intrecciato dalla splendida introduzione di archi, il sinfonismo orchestrale, la limitata presenza di numeri musicali. Avevo già ascoltato Mariotti dirigere «Aida» a Parigi, in streaming durante la pandemia (spettacolo offerto ai soci dell’Associazione Nazionale Critici Musicali). Il tocco di Mariotti si avverte sin dalla sinfonia, ma è chiarissimo, nel primo atto, alla guida di solista e orchestra in «Numi pietà del mio soffrir» nonché nel duetto con coro con cui si chiude l’opera. Mariotti ha avuto applausi a scena aperta, oltre che nel secondo intervallo, e ovazioni al calar del sipario. Tutti meritati. Ha riportato a Roma il «vero Verdi» come fece una decina di anni fa Riccardo Muti. Da lui nella veste «direttore musicale», ci aspettiamo grandi cose. E sappiamo che non saremo delusi.»
Il Sussidiario.net, Giuseppe Pennisi
«It is a common thought to consider Aida merely a magniloquent, colossal, triumphal opera. And in some ways, it is. Predominant are the choruses, the ballets, the great massed scenes in act finales. But, for Verdi, this greatness was more a means than an end; the composer used to use it as an expedient to stage the contrast between individuals and power, between victims and executioners. The Teatro dell'Opera di Roma's new Aida, staged by Davide Livermore and new Musical Director Michele Mariotti, runs exactly on this line. (…) Mariotti’s conducting was vibrant and passionate, incredibly detailed. The Roma Opera orchestra has rarely indulged over the years with certain harmonic subtleties, especially dynamic ones. Instead, Mariotti worked with pianissimo and fortissimo and also used many rubatos (scuh as Act 2's triumphal march), resulting in great musical sensitivity. The conductor applied the same accuracy to his direction of the singers, who blended perfectly with the orchestra. (…) Without doubt, a great start to 2023 for the Teatro dell’Opera di Roma.»
Backtrack.com, Alissa Balocco
«Il direttore Michele Mariotti offre un’interpretazione personale del capolavoro verdiano, in cui trionfa lo spettacolare Kunde nel ruolo di Radames, accanto a una monumentale Semenchuck in quello di Amneris
Ancora Aida? Non è un titolo raro, no. Però questa dell’Opera di Roma era in cantiere dai tempi di Muti, ossia preistoria, visto quanto nel frattempo successo. Dunque molta molta attesa, e infatti non a caso posizionata come primo titolo dell’anno nuovo, caposaldo del 2023. Ovviamente affidata al direttore musicale Michele Mariotti. A lui, quarantenne e il più giovane con questa carica nei nostri teatri, Parigi aveva chiesto tempo fa una Aida, regia di Davide Livermore. Si era agli anni in cui il nome del nostro circolava in predicato alla guida della Bastille. Il Covid obbligò la produzione a una recita a porte chiuse e stop, sembrava finita lì. (…) Mariotti non sembra concertare la partitura per noi, ma per sé. Su Aida svolta. Lui impermeabile al tempo, immutabile ragazzo, immutabile nella fedeltà a certe impronte, prende il coraggio di aprire una porta. Fa se stesso. Ad esempio quando lascia emergere il lato sbarazzino, tanto felice della bellezza facile, quando sembra fischiettare e non batte quasi con la bacchetta e guida l’orchestra con un cenno indietro del capo: come cambia di colpo il suono. I ballabili escono fragranti, passi leggeri, impasti perfetti.
Questa spontaneità, lasciata libera, poggia tuttavia su una robusta capacità di dominio. Mariotti è entrato nell’età in cui non si accondiscende. Chiede, ottiene. Impone un certo disegno, chiarissimo nella macchina complessa del secondo atto. Non cede alla tentazione di allentare le briglie. I conti in musica stanno insieme se il capo è uno, e sa di esserlo. Pur attento ai cantanti, originalissimo nelle richieste di sbalzo di alcune parole - ad esempio il fatidico “Se quel guerrier io fossi” del tenore, sussurrato, persino leggermente sporco, come deve essere un interrogativo - il motore privilegiato del direttore è l’orchestra. Mai accompagna: non perde i solisti, e non parliamo del Coro, davvero magnifico nella compattezza creata da Ciro Visco, nella definizione particolareggiata delle sezioni maschili. Ma tutti devono seguire lui.
E quando Verdi ha un centro, quando lo strumentale è sinfonico, anche il decorso drammaturgico cambia. Prende una meta. Diventa più opera.»
Il sole 24ore, Carla Moreni
«Scelte e concertazione di Michele Mariotti sono apparse impeccabili. Davide Livermore ci ha risparmiato il solito Davide Livermore. Su questo tandem di interpreti, ha fatto leva il nuovo allestimento di Aida al Teatro dell’Opera, attirando particolare curiosità nel proporre un’edizione diversa. Non sono una novità, ai nostri giorni, le letture introspettive del titolo verdiano, che scelgono di porre in primo piano la psiche dei personaggi, più che gli episodi roboanti e d’effetto.
Ma la direzione d’orchestra di Mariotti, sempre più calato nella responsabilità di direttore musicale del Costanzi, ha fatto ascoltare un’Aida memorabile nella presa emotiva e nell’incantamento. È infatti venuto in superficie un caleidoscopio di atmosfere, colori, dettagli raramente colti nei significati, nella dimensione e nella stupefacente limpidezza, tracciate dalla giovane bacchetta pesarese. Si badi però che la concertazione di Mariotti non si è fermata a un’introflessione sui sentimenti più riposti o agitati dei personaggi, ma ha conferito nuova luce musicale, nell’agogica come nell’accento, anche agli episodi più eloquenti, grandiosi, violenti. Il risultato è stato appunto quello di rivelare come la pagine di sapore bellicoso o trionfale non rappresentino, nella poetica di Verdi, crisalidi di effetto a sé stanti, ma anzi contribuiscano, con la loro pompa e imponenza, a rimarcare l’emarginazione e il dramma interiore dei personaggi.
Un lavoro attentissimo di dosaggio, che nella resa offerta da Mariotti ha ricondotto la cura dei dettagli a un’illuminante visione d’insieme, riuscendo a concatenare in perfetto equilibrio l’interazione tra ripiegamenti interiori e grandiosità collettiva. Il che è stato reso possibile anche dalla magnifica esecuzione offerta dall’Orchestra del Teatro, che si è coinvolta a fondo su una linea di alta qualità, così come il Coro, preparato da Ciro Visco, e capace di stupire anche nei pianissimo.»
Musicpaper.it, Francesco Arturo Saponaro
«La direction de Michele Mariotti, attentive aux détails, restitue pleinement le caractère intimiste de l’œuvre avec le trio infernal Aida-Radamès-Amneris. Dès le prélude, Mariotti insiste sur la nature du drame amoureux, déjà inéluctable. Au fil du spectacle, restituant avec émotion les pianissimi, dirigeant le chant sotto voce, révélant la transparence, il souligne la naïveté des passions et leur emprise vénéneuse, travaillant sur les non-dits, le souffle retenu, mais aussi le tourbillon indicible des sentiments, exaltant les belles nuances et couleurs de l’orchestre. Extrêmement sensible à cette dimension, Mariotti s’intéresse au fait que l’histoire est racontée du côté des plus faibles, des vaincus, avec une lecture empreinte d’émotion. »
Resmusica.com, Marina Valensise